venerdì 13 aprile 2007

ALCHIMIA DELLA COSCIENZA RAZIONALE


CARAVAGGIO, Crocifissione di San Pietro, 1600

La ricerca razionale della felicità
La coscienza razionale emerge dai meccanismi inibitori che hanno origine nel sistema dell’educazione, della formazione e dello sviluppo dell’individuo sociale. La madre, la famiglia, la scuola, la religione, la cultura e l’etica di riferimento svolgono un ruolo decisivo nel limitare e indirizzare l’azione dell’individuo verso la realizzazione di scopi adeguati al modello sociale e morale trasmesso dalla coscienza storica collettiva. I sistemi di inibizione coattivi sono indotti dalle leggi, dallle regole e dagli schemi selezionati dalla razionalità costruttiva, politica ed economica, che ha il preciso scopo di contenere la pulsione psichica (la protesta, la rivolta, il rifiuto) e indirizzare la libido verso gli aspetti materiali dell’esistenza (il lavoro, il benessere e il comfort). Questa forma di coscienza razionale, indotta e poi subita dall’individuo, ha il pregio di trasformare l’energia psichica in lavoro attraverso ‘forme meccanicistiche’ che esulano dalla ricerca della felicità, considerata dai filosofi greci l’unica finalità dell’anima. Ancora oggi la “cultura condivisa” che emerge dalle storie del cinema confonde la vera felicità con il successo nel lavoro e l’agiatezza economica che ne consegue, anche se nel film “La ricerca della felicità” (G. Muccino, 2006), il protagonista innalza il “sacrificio di sè” come “strumento tecnico” di “resurrezione” dell’anima dalla stato di miseria, di disagio e insoddisfazione materiale. All’anima non sono concessi prestiti, fidi o aiuti finanziari e nemmeno deroghe al pagamento delle imposte; non sono permesse agevolazioni, aiuti o sostegni da parte di terzi. L’alchimista, come il protagonista del film, deve cercare di evolvere rapidamente la percezione critica, sensoriale, razionale, intuitiva nella “percezione cognitiva”, decisiva a risolvere i giochi matematici (il cubo di Rubik), comprendere i giochi di coscienza (la psicologia di vendita) e infine tradurre la propria esperienza in un modello vincente utile per trarre profitto dalle circostanze, dalle opportunità, dal caso e dal destino (il protagonista si mette in proprio e diventa ricco). L’alchimia della percezione che evolve dalla cancellazione del punto di vista personale e dall’uso degli strumenti della ragione alchemica conduce il protagonista ad affinare l’osservazione, individuare i modelli di successo e ad imitare le tecniche che permettono la realizzazione del sogno di ricchezza. Tuttavia il sogno rischia di rimanere tale se l’anima non decide di tradurre la pulsione psichica in amore, fiducia e fede nelle proprie risorse psichiche, mentali e spirituali. Will Smith viene abbandonato dalla moglie, ma non per questo rinuncia a prendersi cura del figlio (metafora della responsabilità paterna che predispone alle virtù) e coltivare dentro di sè la speranza di cambiare vita, lavoro e status economico. Le diverse fasi descritte dal regista (fase della stupidità, della corsa, dello stage e della riuscita) rappresentano simbolicamente i quattro atti di trasformazione della coscienza razionale (il business “sicuro” degli scanner) nella coscienza alchemica in cui la Mente si mette in gioco per evolvere su un piano superiore di conoscenza, scaltrezza, abilità organizzative e capacità strategiche. L’Arte alchemica è come uno stage di sei mesi senza paga in cui l’alchimista impara a sue spese la tecnica di trasmutazione del mercurio (la percezione), di trasformazione dello solfo (la pulsione psichica) e di sedimentazione del sale (la conoscenza) indispensabili per affrontare la vita, le prove, gli ostacoli e le difficoltà su un nuovo livello di comprensione, di esperienza e di conoscenza di sè e del mondo. L’alchimia della trasformazione della pulsione è descritta metaforicamente dalle dodici prove affrontate da Ercole, ma la trasformazione della coscienza razionale, conforme alle paure psichiche proiettate dall’anima, permane occulta nei fatti del Vangelo. Non può esserci trasformazione dell’identità (il sole) e della coscienza di sè (la luna) se l’individuo non si mette in gioco e persiste a razionalizzare la propria vita in rapporto alle richieste della società o del proprio ego. La vicenda del duplice rinnegamento di Pietro descrive metaforicamente la paura dell’individuo di riconoscere dentro di sè la presenza della pulsione creativa in cui è racchiuso il potere “cristico” (l’istinto del cuore) di realizzare i desideri, le aspirazioni e il destino dell’anima. Cristo riconosce in Pietro il comportamento autoinibitorio dell’individuo che nega l’azione istintiva, la pulsione psichica e la libido sociale (la triplice negazione/i tre carnefici) al fine di costruire la coscienza morale in grado di fondare le istituzioni educative, la religione, gli ospedali e la Chiesa, ma non il “Tempio” della verità.

giovedì 12 aprile 2007

ALCHIMIA DELLA COSCIENZA SENSORIALE

CARAVAGGIO, Riposo durante la fuga in Egitto, 1595

La percezione sensoriale può essere guidata, influenzata e modificata, e in vari modi, dal subconscio, dall’attenzione, dallo stimolo esterno, dalla pulsione sessuale, dal sistema delle convinzioni, dalla libido di possedere l’oggetto del desiderio, oppure dall’intenzione consapevole di voler vedere, comprendere e assimilare gli elementi di bellezza (frequenze infrarosse), di verità (vibrazioni ultraviolette) e di perfezione (equilibrio di rosso e blu) che sono racchiusi nelle immagini, e solo nelle immagini, così come si presentano agli occhi della coscienza. Già nelle prime opere Caravaggio sviluppa i temi della conoscenza critica della realtà (vedi Q1) che conducono in breve tempo la curiosità creativa dell’artista a indagare tutti gli aspetti e i contenuti di ‘bellezza, verità e perfezione ‘presenti nelle parole del Vangelo. Le vicende e i soggetti delle sacre scritture, investiti dall’intenzione dell’anima intellettiva di comprendere, interpretare e rendere attuale la “coscienza sacra”, inspirano all’artista i principi di una nuova “musica”. Nel dipinto “Riposo durante la fuga in Egitto” Caravaggio giunge a definire il silenzioso rapporto che lega le intuizioni sensoriali (la madre) con le emozioni del cuore (il figlio). Maria e il figlio Gesù, teneramente abbracciati in un momento di riposo, descrivono il legame indissolubile di pensieri ed emozioni, di intuizioni e senzazioni, di ricordi e sentimenti che si forma all’interno dell’individuo che si sofferma, anche solo per un attimo, a riflettere sui contenuti dell’esperienza. Dall’altra parte della coppia, San Giuseppe incarna la coscienza sensoriale dell’alchimista che rinuncia ad interferire (il padre putativo) con pensieri critici, idee pre-confezionate e intuizioni astratte nel processo di elaborazione delle informazioni sensoriali proveniente dal sistema automatico della percezione (la Vergine Madre) collegato alla memoria emotiva (Gesù bambino). La presenza dell’asino sulla scena rende esplicita l’intenzione di Caravaggio di ricondurre la “ricerca della verità” su un livello pre-razionale in grado di esonerare l’intelletto dall’impegno, dall’ansia e dalla sofferenza di non riuscire a comprendere la logica della vita, i molti perchè dell’esistenza o le ragioni della follia scatenata dai “proseliti di Erode” che da secoli proseguono imperterriti a fare strage di innocenti.

Il riposo della Sacra famiglia durante fuga in Egitto viene reinterpretata da Caravaggio in chiave metaforica al fine di stabilire un punto fermo della ricerca spirituale. L’assenza di egoicità conduce l’io putativo (San Giuseppe) ad esercitare un ruolo unicamente rappresentativo. Non è il padre biologico del “bambino” poichè le “emozioni del cuore” sorgono spontanee indipendentemente dalla volontà dell’individuo, così come non si intromette mai, in nessun passo del Vangelo, nel rapporto che unisce l’esperienza delle emozioni (il figlio) con l’elaborazione percettuale delle intuizioni (la madre). Ciò significa che l’io alchemico deve rinunciare alle facoltà peculiari del linguaggio e del pensiero logico-razionale di descrivere la realtà, poichè il corpo è in grado di elaborare autonomamente un sapere sufficientemente logico e intuitivo poichè capace di cogliere la verità direttamente dalle immagini riflesse, e di fare leva sulle facoltà della percezione sensoriale di comprendere il tutto a partire dall’indizio allusivo della parte. Per gli studiosi moderni, come Gehlen, tale capacità, già in azione a livello percettivo-motorio, percorre tutti i processi cognitivi fino alle forme più evolute del linguaggio logico e translogico. L’apertura al mondo dei sensi, regno incontrastato della consapevolezza emotiva che evolve dalla cura del corpo, dalla sensibilità epidermica e dalla propriocezione, è all’origine della conoscenza sensoriale, rappresentata nella relazione che il corpo divinizzato instaura con Dio (la Verità). A partire dunque dalla conoscenza delle sensazioni, e dalla loro nominazione (il giorno della creazione del mondo naturale), l’alchimista sviluppa la capacità analogica di estendere la comprensione della realtà attraverso la percezione cognitiva dei sentimenti corporei (il Logos) e attivare quindi le facoltà dell’autoespressione (il Verbo) con cui è possibile accedere a stadi superiori di conoscenza simbolica. “Il mondo dei sensi è dunque simbolico, e questo significa che allusioni, abbreviazioni, parti anteriori e intersezioni, ombre, riflessi, qualità cromatiche o formali vistose bastano a dar conto delle masse reali degli oggetti. L’opportunità biologica di questo fatto risiede da un lato nell’esonero e nell’accelerazione delle reazioni in tal modo possibili, dall’altro, e soprattutto, nell’essere la visione panoramica possibile soltanto in aree simboliche”. Questa forma di esonero e accelerarazione delle reazioni, resa possibile dalla decisione di astenersi da ogni forma di analisi, calcolo o giudizio schematico (il cosidetto “paraocchi”), consente alla ‘mens cogitativa’ di cogliere e memorizzare intere aree di allusioni. “Soltanto allora è possibile abbracciare con uno sguardo complessivo superfici alquanto estese, e la percezione, che così può ignorare singole masse, si rende disponibile per prestazioni superiori, appunto panoramiche” (Gehlen, 1956). L’alchimista che “fugge” nella terra d’Egitto, chiamata anticamente Al - Khemia (terra nera), si appresta così a iniziare lo studio dei “segni, dei simboli, delle allegorie e dei geroglifici” indispensabili per ricostruire il Sapere che ha origine nell’argilla, la prima materia con cui Dio modella l’Adamo terrestre.

ALCHIMIA DELLA RAGION CRITICA

CARAVAGGIO. Incredulità di San Tommaso, 1600

Nell’educazione alla percezione si deve anche indicare che una ricerca superficiale dell’intelligibilità porta a ignorare il significato di un fatto o di un evento, così come una ricerca troppo ostinata dell’intelligibilità conduce a un errore razionalizzatore che altera questo significato. Si citeranno esempi di decisioni disastrose, prese non solo per imprevidenza, cinismo o mancanza di responsabilità, ma anche a seguito di processi psichici di assurda razionalizzazione o di occultamento inconscio, volti a preservare la nostra tranquillità personale.” Le parole di Edgar Morin, uno dei sociologi più attenti del nostro tempo, possono descrivere le motivazioni segrete che spingono Tommaso di infilare il dito nella ferita di Cristo. Che si tratti di semplice curiosità o di un eccesso di diffidenza o di intelligibilità in ciò che appare troppo o poco evidente agli occhi di tutti, resta il fatto che Tommaso è l’emblema del cercatore di verità, sempre in guardia a non cadere vittima delle facili illusioni, degli errori di valutazione o delle verità, troppo spesso esibite come dogmi o certezze assolute.
L’incredulità di San Tommaso non è una semplice descrizione di un evento raccontato dal Vangelo, ma si articola come un vero e proprio trattato in cui Caravaggio si preoccupa di far emergere la conoscenza di cosa significhi ricercare la verità con la ragione. Attraverso le linee guida della composizione geometrica, i volti dei quattro protagonisti sembrano suggerire un livello superiore di comprensione della realtà, indispensabile per toccare con mano, direttamente e senza mediazioni, la fonte della verità. Dalla ferita di Cristo sgorga “l’acqua e il vino”, metafora della trasformazione dei sentimenti cognitivi in valori morali, principi etici e consapevolezze spirituali. Ecco allora che il Cristo di Caravaggio presta il volto all’alchimista che porta a compimento l’opera di trasformazione della mente individuale nella ‘mente universale’ in grado di comunicare ‘amore e conoscenza’ attraverso un razionale dispiegamento di simboli, parabole, metafore e rituali iniziatici. Una conoscenza non è mai pura, non è mai una comprensione fedele e autentica di ciò che la curiosità del ricercatore, la sua intuizione e infine il suo intelletto sono state in grado di indagare e infine codificare in parole e immagini, tesi e antitesi, sintesi e allegorie, teorie e metafore, numeri e simboli. “Una conoscenza non è mai uno specchio delle cose o del mondo esterno. Tutte le percezioni sono nel contempo traduzioni e ricostruzioni cerebrali a partire da stimoli o segni captati e codificati attraverso i sensi” (Edgar Morin, 2001). Attraverso il senso più affidabile, quello della visione, arrivano al cervello gli innumerevoli errori della percezione che si accumulano e si sclerotizzano nel tempo a causa della pigrizia, dell’indolenza, dell’apatia e cioè dallo stato della mente. Ciò che determina l’acutezza della percezione è lo stato mentale soggettivo che è subordinato dalla presenza dei “tre draghi” che disturbano la percezione di sé stessi e deformano la comprensione della realtà. Il primo drago è il simbolo del potere velante che impedisce la trasmutazione della pigrizia, dell’apatia e dell’indolenza in curiosità, desiderio di conoscere la verità, di studiare e di esplorare il mondo con le facoltà dell’immaginazione creativa. Il secondo drago è un potere proiettivo che racchiude dentro di sé gli aspetti consci, subconsci e inconsci della personalità in grado di inibire il naturale flusso dell’energia psichica e mentale nel sistema della percezione sensoriale e intuitiva. Il terzo drago, infine, è il più difficile da elaborare poichè evolve con la personalità conscia ed esprime le qualità del ritmo armonico. L’identificazione con credi, pensieri, emozioni, paure, meccanismi di difesa, conflitti, complessi e fattori istintivi come avidità, orgoglio e avversione, creano una distorsione profonda nel processo di decodificazione di ciò che viene percepito e memorizzato. E’ questo il drago che Caravaggio decide di autodecapitare, come primo atto di purificazione del pensiero razionalizzatore (Golia) in cui cova, come la cenere, la volontà di dominare le cose, le idee e i sistemi di interpretazione della verità. All’errore della percezione si aggiunge l’errore intellettuale. Il sapere del Rinascimento è generato dalla sensibilità psichica dell’artista e del filosofo che sperimentano direttamente il dualismo esistente tra il sistema cognitivo intuitivo di “Davide” e il sistema cognitivo razionalizzatore di “Golia”.
La conoscenza occidentale si dispiega sotto forma di parole, di idee, di teorie ‘partorite’ dalla mente razionale. Ogni sapere è il frutto di una traduzione/ricostruzione di una conoscenza che la precede. Tale traduzione è attuata attraverso i mezzi del linguaggio e del pensiero, e perciò sperimenta il rischio dell’errore. Questa conoscenza, a livello sia di traduzione delle parole che di decodificazione delle immagini, introduce il rischio dell’errore dell’interpretazione all’interno della soggettività che conosce, della sua visione del mondo e dei suoi principi di conoscenza.
Caravaggio rinuncia ad esprimere un’opinione intellettuale, di manifestare un punto di vista personale o di interagire con le decisioni dei committenti nella scelta dei soggetti. Scopre così la “legge della sincronicità”, che gli offre, con tempismo stupefacente, l’opportunità di sperimentare il potere dell’intuizione creativa di sondare le verità nascoste nei soggetti di ispirazione religiosa o mitologica.
La rinuncia a controllare il mondo attraverso i sistemi di idee, dottrine e ideologie equivale a un atto iniziatico ritenuto fondamentale nella filosofia rinascimentale.
Ciò significa ‘decapitare’ la superbia connaturata al pensiero forte di Golia, per cui Caravaggio incide sulla spada di Davide le lettere Has o s, sintesi del motto “Humilitas occidit superbiam”.
Contenere “la vanità intellettuale del pavone” all’interno del vas hermeticum della mente è un atto iniziatico che facilita l’evoluzione della percezione critica e cognitiva in intuizione consapevole dei sentimenti e delle emozioni, delle motivazioni e delle intenzioni, dei simboli e degli archetipi. Caravaggio va oltre i limiti della razionalità organizzatrice e virtualmente compie un atto di “morte e trasformazione” dell’intelletto critico e speculativo nella mente creativa di Davide, la cui fionda è il simbolo della sincronicità operativa dei due emisferi cerebrali.